I miei parenti provenivano da luoghi diversi della Sicilia, mio padre da Catania, mia madre da Siracusa, le sorelle di mio nonno materno, con le quali sono cresciuta, da San Cataldo, in provincia di Caltanissetta.
Tanti tanti anni dopo la scomparsa di queste zie, una delle quali, quella che mi preparava questa pasta, amavo in modo particolare per la sua ala materna condita da un dolcissimo senso dell'umorismo, mia figlia ha rischiato due volte la vita, ed è stata salvata, posso ben dire miracolata, da un neurochirurgo che è nato, più di 60 anni fa, proprio a San Cataldo... i percorsi assurdi della vita hanno portato lui e il paesino di San Cataldo a entrare così, nuovamente, nel mio cuore.
Amo questo piatto, mi ricorda l'infanzia, e anche se non somiglia affatto alla "pasta 'ncasciata" o "'ncaciata" che di solito si trova sui libri di cucina siciliana, questo è il nome che ho imparato e voglio conservare.
La Sicilia è un mondo, le preparazioni si differenziano da città a città, da paese a paese, e di un piatto esistono tante versioni quante località e variare molto da una zona all'altra.
Così la preparo io, e così piace ai miei, che sono sempre contentissimi di mangiarla...
per 4 persone
1/2 kg di maglie siciliane (o penne, o fusilli, o mezze maniche)
1 grosso cavolfiore viola (che però a Roma non si trova, quindi uso quello verde a punta che non è la stessa cosa... ma tant'è...)
1 spicchio di aglio
3 acciughe sotto sale
2 manciate di pinoli
2 manciate di uvetta
1/2 bicchiere di vino rosso
abbondanti pecorino e parmigiano grattugiati
pepe nero
Cuocio il cavolfiore a vapore, conservandone l'acqua.
Metto a bagno l'uvetta nel vino.
In una larga padella faccio dorare nell'olio lo spicchio d'aglio schiacciato, poi aggiungo le acciughe sciacquate e diliscate, le faccio disfare, quindi il cavolfiore, mescolando a fuoco alto per farlo quasi abbrustolire. All'inizio della rosolatura verso nella padella il vino rosso in cui avevo ammollato l'uvetta.
Quando il cavolfiore si è scurito ed è quasi spappolato, aggiungo i pinoli e l'uvetta strizzata e continuo a rimestare a fuoco sempre vivace finché anche i pinoli sono dorati e il cavolfiore è asciutto e ben brunito.
A questo punto cuocio la pasta nell'acqua del cavolfiore (ovviamente allungata e salata), al dente, la scolo e la verso nella padellona facendola saltare a lungo, finchè non è rivestita ben bene dal condimento. Man mano spolvero di pecorino (che si legherà alla verdura avvolgendo la pasta), e di parmigiano. La pasta deve avere un aspetto abbrustolito ma non secco, morbido ma assolutamente NON pallido e umidiccio.
Pepe nero abbondante, e... spero piaccia anche a tutti voi quanto piace a noi!
Certo è un piatto dal sapore forte, (per mio marito aggiungo anche il peperoncino insieme all'aglio all'inizio, ma non per le figlie), ma è anche stuzzicante e sa di infanzia e di terra natìa, per me.